(Questo articolo è stato pubblicato con un altro titolo su Nuovo Quotidiano di Puglia, marzo 2016)
Enrico Magrelli. L’ideatore di Hollywood Party di Rai Radio 3 sulla critica cinematografica 2.0, tra social e nuovi linguaggi
Quando il cinema esplode
Dura la vita del critico, al tempo in cui il cinema evade dallo schermo, corre velocemente lungo i propri cambiamenti, è ormai “esploso” in una marea magmatica di immagini. Lo stato di salute della critica cinematografica è precario, e «non è solo colpa dei critici che non hanno fatto il vaccino»: la metamorfosi è costante e bisogna stare in allerta. Per Enrico Magrelli la sfida quotidiana con il cinema del presente si consuma davanti ai microfoni di Hollywood party, la trasmissione di Radio 3 dedicata all’audiovisivo. Giornalista e critico cinematografico di lungo corso, vicedirettore del Bif&st di Bari, Magrelli si affida a una formula ampiamente sperimentata, dalle monografie sui “grandi” – come Robert Altman e Roman Polanski – fino all’ultima intervista a un autore esordiente: avvicinare il pubblico, spargere suggestioni, evitare come la peste di sostituirsi al regista. Questa mattina, a Lecce, parlerà di “Critica trans-mediale: radio, televisione, social media”, ospite del convegno “La critica dell’audiovisivo – Stato dell’arte, stato di allerta”, presso il Rettorato dell’Università del Salento.
Qual è, oggi, lo stato di salute della critica cinematografica?
«Mi sembra precario, da alcuni decenni a questa parte, ma non è solo colpa dei critici che non hanno fatto il vaccino, per restare nella metafora. Il panorama di cui i critici si occupano è in una metamorfosi costante. Fino agli anni Ottanta la cassetta degli attrezzi teorici si è allargata e ristretta a seconda delle necessità, vi sono entrati la psicanalisi, la teoria del testo, gli studi culturali, c’è stato un rinnovamento per chi ha avuto voglia di aggiornarsi. Ma ho l’impressione che da quando è cominciato il cosiddetto “post-cinema”, la cassetta sia insufficiente. Oggi il cinema, da corpo compatto e monolitico quale era, è uscito dalle sale, è andato oltre il rapporto classico tra spettatore e schermo, è ovunque. L’universo di immagini è diventato magmatico, confuso, anche se ciò non ha un valore negativo, tutt’altro. Oggi la critica deve capire come nuotare in modo sensato o piacevole in questa marea di immagini: la precarietà nasce da questo».
Come si fa a mostrare il cinema attraverso la radio?
«Quello che cerchiamo di fare a Hollywood party è dare spazio a tutto il cinema, anche a quello che ha meno forza di lanciarsi aggressivamente sul mercato. Non facciamo differenza tra Zalone e il piccolo documentario che esce in quattro sale, ospitiamo Spike Lee come Muayad Alayan, il giovane regista palestinese di “Amore, furti e altri guai”. La radio ci dà la possibilità di raccontare il processo di vita dei film, a differenza di quanto è chiamato a fare di solito un critico: ad esempio, abbiamo raggiunto Gianfranco Rosi, regista di “Fuocoammare”, a Lampedusa, poi lo abbiamo intercettato al Festival del cinema di Berlino, e ora tornerà nuovamente da noi».
Il passaparola 2.0 di social, forum e blog pregiudica una profondità di visione? O mette in circolo nuovi spunti per l’Olimpo dei critici?
«Essendo una tribuna aperta, sicuramente sui social si possono incontrare, come diceva Eco, degli imbecilli. Spesso invece si trovano spunti acuti, e in ogni caso il passaparola è ancora la forma di critica più potente. Prima ci si confrontava in ufficio, a cena, ora si “posta”, tutto qui. Il problema nasce quando a un punto di vista critico si sostituisce la tifoseria: i social utilizzati come la curva di uno stadio mi lasciano un po’ più perplesso».
Nel cinema come altrove, è antica la contesa tra autori e critici. Come fare per scavare dentro un’opera audiovisiva, senza “vivisezionarla”?
«Credo che il critico debba essere prima di tutto un mediatore culturale tra l’opera di un regista e chi deve decidere se andare a vederla. Il critico è chiamato a fornire suggestioni, elementi che rendano la fruizione piacevole, non necessariamente che aiutino a “capire” il film. Il confronto tra l’autore e i critici, poi, soprattutto in passato è stato spesso molto fecondo, anche nello scontro. Certo, mai sostituirsi al regista, come un tifoso che fa l’allenatore da casa».
Quali sono i registi più interessanti del panorama pugliese, oggi?
«Un autore che conosciamo bene e che abbiamo ospitato a Hollywood party è Pippo Mezzapesa. Davide Barletti porta avanti da sempre un lavoro molto interessante. Edoardo Winspeare è un eccellente regista, lo tartassiamo tutte le volte che possiamo. E Mariangela Barbanente, che ha girato “In viaggio con Cecilia”, con Cecilia Mangini. Ma sono solo alcuni esempi».