Il neo direttore Nicola Lagioia anticipa le principali novità del Salone del libro di Torino 2017
Di professione fa lo scrittore, ma non c’è stanza della vasta casa dell’editoria che non abbia attraversato. Premo Strega 2015 con “La ferocia”, Nicola Lagioia è direttore della collana “Nichel” di Minimum Fax e, per anni, ha fatto anche l’editor; oltre a scrivere per Repubblica e Internazionale cura la rassegna stampa culturale di Pagina 3 di Radio 3; organizza manifestazioni culturali – l’ultima, “Le relazioni meravigliose”, a Bari dal 19 gennaio al 20 aprile. Il nuovo direttore del Salone del libro arriva a Torino con le spalle larghe e, per l’evento che si tiene dal 18 al 22 maggio promette cambiamenti importanti, a cominciare dalla rete di «reading, incontri e musica» disseminata per la città. Certo, il suo incarico coincide con un anno determinante per l’evento torinese, reduce dalla scissione con i grandi gruppi editoriali e destinato alla competizione con “Tempo di libri”, la Fiera dell’editoria di Milano, quest’anno alla sua prima edizione.
Può essere un’occasione per ripensare il Salone?
«Una premessa: c’è già stato un anno in cui Mondadori non prese lo stand, e questo non ha scalfito più di tanto il Salone. Voglio dire che il Salone è un’Istituzione culturale talmente forte che è capace di resistere anche ai cambiamenti, e lo sto riscontrando in questi mesi. Certo, il fatto che quest’anno si sia consumata una rottura all’interno dell’Associazione degli editori, che ha interessato di conseguenza il Salone, può essere una buona occasione per ripensare le cose, proporre dei miglioramenti. Ovviamente sarebbe sbagliato dire che a noi i grandi gruppi editoriali non interessano. Del resto non è del tutto vero che non siano presenti: Einaudi, per esempio, avrà un suo spazio, e così altri grandi editori. Peraltro anche quelli che non prenderanno lo stand ci porteranno i loro autori. Insomma, la questione è un po’ più complessa di come, per ovvie esigenze di titoli, la riportano i giornali».
Quale sarà, quindi, il cuore del Salone?
«La cosa che più ci interessa è il “laboratorio di idee” che sta dietro a tanti progetti editoriali, piccoli o grandi che siano. Questo deve fare il Salone di Torino: tirar fuori la parte creativa, intelligente, ragionante, progettuale, artigianale che di fatto ha scritto e scrive i capitoli più importanti dell’editoria italiana, tirar fuori le idee migliori per programmare gli incontri migliori.
Inoltre, non dimentichiamo il “Superfestival”, il progetto appena nato che punta a legare i festival letterari e culturali che hanno segnato qualcosa di importante in questi anni. Fare di Torino un crocevia è un modo per riuscire a carpire la parte più vitale di ciò che di interessante, bello, stimolante succede in Italia e non solo».
Nel suo staff di consulenti c’è un altro autore pugliese di grande prestigio, Alessandro Leogrande, a cui hai affidato l’area dell’editoria sociale. Di che cosa si occuperà?
«Alessandro Leogrande è un autore che stimo da sempre. Da scrittore e come vice direttore della rivista “Lo straniero” si è occupato di alcuni dei temi chiave dell’epoca in cui viviamo, migrazioni, confini, frontiere, per citare un suo libro (“La frontiera”, Feltrinelli 2015, ndr). Il Salone lo chiama a continuare ciò che fa ma in maniera corale, ovvero dialogando con gli editori in modo da poter intercettare gli autori più stimolanti, sia italiani che stranieri».
Negli ultimi anni c’è una crescente richiesta di fruizione letteraria slegata dalle sedi istituzionali: è successo con i blog letterari e accade anche fuori dalla rete. Anche il Salone punterà molto sulla parte “off”.
«Sì, quest’anno il Salone chiuderà alle 20 e la città si riempirà di eventi con la regia di Marco Pautasso. Ci sarà spazio per reading, incontri, ma anche per la musica: il “Torino jazz festival” viene inglobato nel programma e diventa “Narrazioni jazz”. Certo, il cuore del Salone rimane il Lingotto, ma se durante le ore di apertura è la città che si stringe nel Lingotto, in serata è il Salone che invade e prova ad accendere la città».
È prevista una collaborazione con la Scuola Holden. Ci saranno laboratori gratuiti?
«Come altre Istituzioni della città la Holden avrà un ruolo importante e alcuni eventi si terranno nei suoi spazi. In generale, stiamo cercando di fare in modo che chi paga il biglietto di ingresso al Lingotto possa anche seguire degli incontri professionali in cui viene raccontato come funziona il mondo dell’editoria: è importante spiegare che lo scrittore è solo la punta dell’iceberg».
La scorsa estate ha dichiarato a Quotidiano di essere alle prese con un nuovo romanzo. In questi mesi frenetici ha messo la scrittura in stand by?
«Nelle prime settimane “calde” del Salone di punto in bianco mi sono trovato a cambiare città e a gettarmi in una full immersion di lavoro per imparare quante più cose possibile nel poco tempo a disposizione. Però in generale qualunque cosa io faccia lo spazio per scrivere e per leggere ci deve essere: è importante anche per il lavoro che andrò a fare al Salone. È come quando facevo l’editor e in contemporanea scrivevo: sono due punti di vista che si alimentano l’un l’altro».
(Questo articolo è stato pubblicato con un altro titolo su Nuovo Quotidiano di Puglia, gennaio 2017)