Un’iniziativa civico-culturale dell’associazione La scatola di latta dà appuntamento nei paesi per ritrovare un rapporto autentico con il territorio, oltre la “vetrinizzazione” dei luoghi
(Questo articolo è stato pubblicato con il titolo “Metti una sera d’inverno alla scoperta della provincia (lontano da eventi e turisti) su Nuovo Quotidiano di Puglia il 22 dicembre 2021
di Giorgia Salicandro
Giorgia Salicandro
Alle otto di sera a Ruffano non si muove una foglia. Provoca un certo spaesamento ritrovarsi nel piccolo centro del basso Salento così legato, nell’immaginario collettivo, alle ronde della vicina Torrepaduli, senza una traccia del fragore dei tamburelli battuti per San Rocco e per le comitive di turisti “pizzicati”. Ma questa non è una calda serata agostana, è un ventoso lunedì di novembre e non ci sono feste in programma. I paesi “del lunedì” non hanno palchi ad animare le piazze, né cassarmoniche a presentarle tirate a lustro o sagre che invitano con il profumo delle braci. È, semplicemente, un giorno della settimana – per di più il primo – nella provincia salentina, che nella stagione fredda torna al suo originario carattere di periferia geografica dove “tutto è lontano”, compreso il capoluogo barocco. Eppure, il gruppo di oltre cinquanta persone che ha deciso di ritrovarsi sul posto non sembra dare importanza alla questione. Non “fruiscono”- non nel senso turistico del termine – non degustano – a limite un aperitivo al bar, se a quell’ora è ancora aperto – non seguono una guida, ma il passaparola di chi conosce il paese. Missione: andare a scoprire “cosa accade la sera nella provincia leccese”. È proprio questo il nome del progetto dell’associazione La scatola di latta, l’ultimo in ordine di tempo di una esuberante galleria di iniziative che si collocano a metà strada tra attività culturale, appuntamento sociale e pratica di cittadinanza attiva.
Tra queste, pellegrinaggi poetici per masserie dimenticate, la raccolta delle tesi di laurea dedicate al Salento e la “scuola per restare” Daìmon, un percorso teorico-pratico itinerante in cui le cattedre sono sostituite dai luoghi e dalla viva voce di chi li abita. Il fondatore dell’associazione è Gianluca Palma, classe 1982, laureato in Scienze dello sviluppo con un master in Management e governance del territorio. Seguendo l’attività dell’etichettificio di famiglia, fin da ragazzo si è ritrovato ad attraversare paesi piccoli e minuscoli e si è innamorato di quel mondo parallelo rispetto ai contesti battuti dalla grande distribuzione, fatto di specialità e conoscenze preziose. Dopo gli studi, ha pensato di trasferire quello stupore in un progetto collettivo, animato dai valori del glocalismo e della “restanza”. «Per me è priva di senso l’affermazione “in quel paese non c’è niente” – commenta Gianluca Palma – ogni luogo serba delle sorprese, ma tutti dobbiamo impegnarci per un mondo in cui vi siano relazioni più piene, occhi più felici e più critici nello sguardo».
Dopo le molteplici iniziative de La scatola di latta alla riscoperta del territorio, l’ultima frontiera era andare a curiosare nei paesi salentini escludendo ogni tipo di organizzazione, nel tempo ordinario della settimana, senza alcun progetto se non quello di ritrovarsi, di abitare i luoghi e di stare insieme in un giorno di coprifuoco come il lunedì, nel cuore di un momento storico in cui la pandemia ha esacerbato ulteriormente il senso di distanza e di solitudine tra le persone. E così, a Ruffano si sono presentate oltre cinquanta persone, percorrendo le vie del paese e approdando infine al colorato “Tappeto volante”, la colorata scalinata artistica di via Regine Elena. A Castro, lontani dalla stagione del caotico tramestio di turisti, cocktail e teli da bagno, il gruppo ha ripercorso l’antico viaggio di Enea, e quello dei turchi segnato sulla pietra dagli abitanti del posto.
Mentre a Botrugno il cortocircuito tra passato e presente ha condotto il gruppo dei “cercatori” de La scatola di latta nella zona in cui sorge la chiesetta della Madonna della Serra dove un tempo a maggio si costruiva l’albero della cuccagna, e lungo il viale “Santu Scianni” reso scenografico dalle due imponenti file di pini che ne delineano il profilo. «Il bar sport, dove si usava intrattenersi e giocare a carte, era già chiuso – racconta Gianluca Palma – un segno del cambiamento, se si pensa che una volta nella piazza centrale c’era tanto movimento che la domenica, giorno di contrattazione del lavoro nei campi, vigeva il divieto di entrare con le biciclette». A Parabita, per l’ultimo appuntamento di dicembre è saltata fuori anche la banda: trombe, clarini e grancasse imbracciati da una ridente brigata musicale di giovani del posto. Una piccola deviazione alla regola dell’improvvisazione per regalare una sorpresa natalizia ai partecipanti più affezionati, resa possibile grazie a un passaparola last minute.
«I paesi son più belli, / quando li vai a trovare / senza appuntamenti» ha scritto Gianluca in una poesia. Nel tempo di una passeggiata, è possibile concedersi un’avventura inedita nel rapporto con il territorio, sfuggendo alla dicotomia tra il senso di solitudine dei centri abbandonati a se stessi e la sottile amarezza dei paesi-vetrina, che finiscono per essere conosciuti solo quando vengono agghindati per le feste. Un modo per riappropriarsi verità autentica e quotidiana dei luoghi, di godere della sacralità del silenzio e delle storie preziose che sanno fiorire tra le sue fessure.