Eros Blanco, ingegnere del suono. Una delle cinquanta storie di “Torno quando voglio”
Centro di riferimento per l’industria musicale e quartier generale della sperimentazione tecnologica, per un ingegnere del suono Barcellona può essere il posto perfetto in cui operare. Lo è per Eros Blanco, originario di Lecce, una laurea al Politecnico di Milano e una visione “strategica” dell’esistenza che lo ha portato a metter su casa dove club, festival e altri eventi danno da lavorare e al contempo offrono ottime occasioni di svago a un ragazzo di trent’anni.
La sua azienda, Bmat, sviluppa tecnologie per il riconoscimento delle canzoni per conto delle società di gestione dei diritti d’autore di più Paesi, compresa la Siae, e lui è team leader del gruppo che gestisce l’intera base dati musicale. Prima di approdare in Spagna aveva lavorato un paio d’anni a Milano, ma “galeotto” un soggiorno Erasmus nel 2009, Barcellona continuava a risuonargli in testa. Quattro anni fa un colloquio via Skype e, nel giro di sue settimane, la decisione di dire addio alla vita meneghina per una città in cui lavoro e sole non sono due elementi in antitesi. «Barcellona può essere considerata uno dei centri di riferimento per le tecnologie musicali e la musica in generale, basti pensare a festival di successo come il Primavera Sound e Sonar – spiega – e poi è unica, per lo meno in Europa: ha la dimensione giusta per poter offrire le opportunità tipiche di una grande città, ma non è troppo grande, si può girare in bicicletta e, soprattutto, a differenza di Londra, Berlino o della stessa Milano, ha il sole e il mare, cose di cui un salentino ha difficoltà a fare a meno».
Le giornate trascorrono tra l’ufficio, l’“appartamento spagnolo” in zona Sagrada Familia condiviso con una ragazza del posto e una svizzera, qualche puntata nella Barcellona mondana «e sempre più hypster» e una “cerveza” ogni tanto con il gruppo degli amici salentini. Anche se ora è il Salento a risuonargli in testa. «A volte penso di aver fatto la cosa meno difficile, prendere e partire: è per questo che ammiro alcuni amici che, magari anche dopo l’esperienza universitaria fuori, sono tornati e stanno provando a cambiare le cose. E a loro dico grazie».