Carlo Speranza, restaurant manager, Hong Kong. Una delle cinquanta storie di “Torno quando voglio”
«Questa è la cucina a vista, questo il tavolo per gli antipasti freddi, e questa è la parte migliore, l’affaccio sulla baia». Carlo Speranza si muove orgoglioso, armato di smartphone, tra i tavolini di “Isola Bar&Grill”. Quello che è uno dei più prestigiosi ristoranti di Hong Kong, in effetti, è un po’ anche la sua casa dato che lui qui è il manager o, come lo chiamano i suoi amici italiani, “il sindaco”. «Perché conosco un po’ tutti, anche se a Hong Kong siamo otto milioni», scherza.
Prestigioso il luogo, prestigioso – e riconosciuto – anche il suo ruolo: è soprattutto questo, in realtà, a rendere felice la sua vita sull’Isola di Hong Kong. «Nel Salento il cameriere professionista è visto come un lavoratore di serie B, e io ne soffrivo», spiega. Inquieto fin da ragazzino, il leccese Carlo fa la sua prima stagione a Londra ad appena 16 anni. Dopo il diploma all’Istituto alberghiero di Otranto torna per restarci. Lavora, tra gli altri, nel ristorante stellato di Stefano Cavallini. Poi arriva un’offerta dallo Hyatt International di Hong Kong, un’intervista al telefono, un biglietto andata e ritorno di tre giorni per visitare il posto, «il mio mentor mi ha detto: se non accetti non rivolgermi più la parola». Non aveva scelta. «In realtà mi sono innamorato subito della città, come non ho mai fatto con Londra. L’isola è quasi un paesone, ti ritrovi con le stesse persone, e quando ci vivi da 17 anni non puoi non sentirti a casa».
Soprattutto se oltre ai “giri” locali hai un giro tutto salentino di stanza a 8.900 chilometri da Lecce: una decina e oltre di persone, tutte arrivate di recente. Da dieci anni poi a farlo sentire a casa c’è anche una fidanzata cinese, Vicena, bellissima e “tosta” manager.
Il verde, le passeggiate al parco, il mare «non troppo inquinato» e la meraviglia notturna dei plancton iridescenti fanno il resto. Anche se, ammette, in fondo Lecce è una prospettiva che non ha mai messo da parte. Lì ha comprato una casa, e sogna un giorno di poterci abitare. «Magari, chissà, sei mesi in Asia e sei a Lecce», riflette Carlo. E gli occhi un po’ gli brillano, oltre lo schermo dello smartphone.