Laura Serio, graphic designer e manager di backstage. Una delle cinquanta storie di “Torno quando voglio”
Liceo artistico a Lecce, poi Storia dell’arte a Vienna e Comunicazione visiva a Roma, e ancora di corsa per l’Europa: in tutto, tre nazioni e sette città nel giro di pochi anni. Da Berlino, però, non è più andata via. «E non me ne andrò mai più», mette subito in chiaro Laura Serio. Per lei, che si sente stretta ovunque, questa città dal cuore ricucito è un incrocio di coordinate da cui poter abbracciare il mondo intero. Tutto quello che passa da qui: la cultura occidentale e la memoria dell’Est, un passato di esclusione dai giochi finanziari “che contano” e un presente “smart”, che ha saputo giocarsi le difficoltà in modo duttile. I berlinesi, spiega Laura, curano da sé le aiuole se serve, ma si tengono stretta la casa, tant’è che il suo appartamento in centro le costa 500 euro al mese: impensabile per la “competitor” culturale Londra, ma ormai anche per l’Italia.
E poi, i berlinesi non si lasciano tener fuori dai luoghi della cultura. «Qui puoi vedere Puccini all’Opera con 12 euro e anche per i musicisti più pagati non spendi più di 20 o 30 euro: la cultura è davvero accessibile a tutti». Accessibile, ma con un’organizzazione rigorosa che si traduce anche in posti di lavoro. Come il suo alla Haus der Kulturen der Welt, dove dirige il reparto per la logistica del backstage, un piccolo universo per le esigenze degli artisti, di cui sono dotati moltissimi teatri in Germania.
Nel resto del tempo si divide tra il “lavoro del cuore” da graphic designer e la vita da mamma di un bimbo di sei anni, che la tiene “incollata” a Berlino al pari del suo animo creativo. «Certo che vorrei tornare a Lecce – dice – l’anno scorso ci ho provato, ma mi sono arresa perché venivo pagata un ottavo e in compenso avrei dovuto finanziare con una retta salata l’educazione montessoriana che volevo dare a mio figlio: in Germania un metodo simile è adottato dalla scuola statale».
Del resto, a Berlino lei si è sempre sentita a casa: «I berlinesi hanno un animo “fricchettone”, decisamente unico rispetto al resto dei tedeschi. Freddi? No, il fatto è che vorrebbero parlare nella loro lingua: spesso è questo il problema degli italiani che si esprimono in un cattivo tedesco, o in inglese».