(Questo reportage è stato pubblicato con altri titoli su Nuovo Quotidiano di Puglia, aprile 2017)
Il palco è il salotto di casa, il nuovo trend dell’house concert
La formula, nata negli Stati Uniti e diffusa in Italia già da qualche anno, nel Salento si iscrive nella lunga storia di concertini casalinghi di pizzica pizzica
Dici Salento, senti risuonare uno sterminato tappeto di note che si fanno eco l’un l’altra dal concertone della Notte della Taranta al più piccolo palco della sagra di paese. D’inverno le rassegne negli spazi culturali di moltiplicano accanto a jam session e performance in duo o trio che segnano il calendario dei pub disseminati nel Tacco, d’estate si apre la stagione delle piazze che fa ormai tutt’uno col “brand” del territorio. Ma la nuova frontiera del Salento che suona e canta è, da qualche anno, lo spazio ridotto, ed esclusivo, del soggiorno di casa. Un passaparola last minute e rigorosamente personale, un ospite pronto a spostare divani e sedie per far posto a un palchetto e a una platea per poche decine di spettatori, un giro più o meno largo di amici e curiosi che a luci e decibel da grande evento preferisce il “tu per tu” con gli artisti.
Si chiama “house concert” la formula nata nei “buffet flat” – appartamenti per viaggiatori e artisti – di New York negli anni Trenta, traghettata in Europa attraverso i circuiti underground inglesi e francesi e approdata da qualche anno anche in Italia. L’idea di base è di osare un’esperienza a “distanza zero” tra pubblico e performer, le varianti sono molte, dal ritrovo informale all’alternativa organizzata ad arte da vere e proprie agenzie.
Nel Salento, questo “trend” ha una peculiarità che si iscrive nella lunga storia di concertini casalinghi per mandolino, organetto e tamburello, ritrovi frequenti nei giorni di festa. Una storia che ritorna oggi, seppur con un’“etichetta” aggiornata agli anni Duemila: un concerto programmato ad hoc, una “campagna di comunicazione” che passa da post su Facebook e gruppi WhatsApp – ma rispettando, tuttavia, il carattere personale degli inviti – un’eventuale “colletta” per rimborsare gli artisti o, in alcuni casi, la sottoscrizione di una tessera associativa o ancora il pagamento di un vero e proprio biglietto d’ingresso.
«Per noi che suoniamo è interessante poter presentare un repertorio non condizionato dal palco con un grande impianto di amplificazione, per cui ci si può concedere di condividere brani con tempi dilatati e sonorità particolari della tradizione più autentica – spiega la cantante Enza Pagliara – e poi, la possibilità di conoscenza reciproca tra chi suona e chi viene ad ascoltare. È questo, in fondo, ciò che restituisce la vera anima della musica che facciamo, che viene dal basso ed è di tutti: averla trasformata in puro spettacolo eliminando la partecipazione ha un po’ modificato la sua essenza».
Nel giro della pizzica, la “pioniera” degli house concerts è la signora Marisa, che qualche anno fa ha pensato di aprire la sua casa di San Donato a musicisti e amici, offrendo loro ospitalità e deliziosi manicaretti. Tra i suoi ospiti Enza Pagliara, Dario Muci, Redhi Hasa, Rocco Nigro e il maestro Antonio Calsolaro. «Ero stanca di ascoltare i concerti in piazza, dove la musica è troppo alta, o in chiassosi ristoranti in cui il musicista è messo in secondo piano – racconta Marisa – volevo restituire agli artisti il rispetto dovuto, e anche permettere a chi li ascolta di far loro domande».
Ma se la musica popolare nella storia degli house concert ha una sua esclusività, non è tuttavia l’unica che si scrive in questi anni in salotti, giardini, cantine e terrazze del Salento. Spesso, a organizzare la serata sono gli stessi musicisti in cerca di uno scambio inedito con colleghi e pubblico. Maksim Cristan e Daria Spada hanno importato qui il celebre esperimento, a metà tra il “dentro” e il “fuori” della casa, del “Concerto dal balconcino”, un concerto dal balcone di via Mercanti 3 a Torino. A Lecce la formula è stata ripetuta nel quartiere San Lazzaro, nell’atrio dell’appartamento-museo del padre di Daria, collezionista di strumenti musicali dal mondo.
Altri celebri ritrovi sono la casa-studio di Giorgio Doveri, violoncellista degli Officina Zoe, nelle campagne di Arnesano, quella di Irene Scardia, sede dell’etichetta “Workin’ Label”, sulla Lecce-San Cataldo, e quella del dj e musicista Tobia Lamare, sede di “Lobello records”, sulla Lecce-Torre Chianca.
Tra chi propone house concerts in una forma più organizzata il coordinamento “Desuonatori”, animato da un gruppo di artisti interessati a sperimentare nuove formule di fruizione musicale, e “Bazù”, l’associazione culturale fondata dai fratelli Morris e Francesco Pellizzari, con sede nella tavernetta della loro casa di famiglia a Giuggianello. Ad Alessano invece si tiene “Tu non conosci il Sud”, un’immersione nella cultura del Sud, in cui non manca la musica, presso la residenza estiva del responsabile del dipartimento Cultura e turismo dell’Anci Vincenzo Santoro.
Anche i bed and breakfast e altre attività a metà tra spazio pubblico e privato si attrezzano per restare al passo. Come “Sunset33 House concert”, «balconata incastonata in una cornice suggestiva del centro storico di Lecce, aperitivi con piatti vegetariani cucinati home made» e, naturalmente, concerti: The gentlemen’s agreement, Mai personal mood, Giglio.
Infine, una vera e propria “rassegna” di house concert è stata, nel 2014, il progetto “Suona Leuca” ideato da Coolclub, che ha trasformato gli spazi privati del quartiere in teatri per pochi spettatori – prenotazione via mail, location “segrete” – nell’ambito del progetto di rigenerazione urbana del Comune di Lecce. A suonare al campanello, tra li altri, il londinese Erin K e la “stella” salentina Sofia Brunetta.
Valerio Daniele, Desuonatori
«Un progetto estetico ed etico che avvicina il pubblico alla musica inedita»
Il tuo orizzonte d’attesa è un salotto con divano, un bicchiere di vino e, con un po’ di fortuna, l’ascolto in anteprima di un paio di brani destinati a diventare le tracce di un cd. In realtà non lo sai, ma stai partecipando a una piccola rivoluzione. Sì, perché gli house concerts del coordinamento “Desuonatori” poggiano su una rigorosa «visione etica ed estetica» che si propone di riconnettere la pratica musicale alla sua autentica anima comunicativa.
«Desuonatori è un coordinamento di autoproduzione – spiega Valerio Daniele, chitarrista, tra i principali animatori del progetto – che nasce per generare un’alternativa di produzione, diffusione e fruizione della musica inedita e non commerciale. L’obiettivo è di restituire dignità e centralità agli artisti, che scelgono piuttosto di condividere liberamente le proprie produzioni. È, questo, anche un modo per sentirsi liberi di fare proposte non facili, svincolandosi dalle maglie della musica mainstream».
Riallacciare il legame tra musica e comunità è anche l’obiettivo degli appuntamenti itineranti che da alcuni anni si tengono nelle case della “cricca” degli artisti e di altri “pasionari”.
Di solito è il “work in progress” di un nuovo cd il pretesto per incontrarsi, dando una direzione al proprio flusso creativo attraverso l’ascolto di colleghi e appassionati. Il segnale è un messaggio WhatsApp o un post sulla pagina Facebook del coordinamento che avverte che qualcosa bolle in pentola. Et voilà, ci si ritrova a Monteroni, a Leverano, a San Cesario, a Corigliano d’Otranto.
Una trentina di inviti, non di più, tutti scelti evitando come la morte l’arida pratica dello spam.
In soggiorno la lineup è varia – tra gli ospiti che si sono avvicendanti Francesco Massaro e Bestiario, Eikasia, Gianni Lenoci, Luz, Marco Colonna, Oh Petroleum – ma rigorosamente di frontiera, come la musica che da sempre predilige Valerio.
«L’house concert è la nostra strategia privilegiata per riavvicinare il pubblico – spiega – in un ambiente domestico, senza palco, non c’è alcuna distanza fisica tra esecutore e fruitore, non ci sono orpelli tecnici che impediscono di venire in contatto con il respiro stesso del musicista, e se finito un pezzo viene fuori una domanda dalla sala a nessuno appare strano: si recupera, anzi, quella comunicazione autentica e naturale che è propria della musica. È questa la nostra utopia, il nostro orizzonte di riferimento, artistico ed etico allo stesso tempo».
Francesco Pellizzari, Bazù
«Come avere i musicisti a cena, un valore aggiunto alla serata»
La spugna acustica sul soffitto dà l’idea di trovarsi in una location allestita ad hoc, ma poi le tendine ricamate, i grandi tappeti persiani, le sedie in legno portate giù dal soggiorno e il piccolo tavolino con il buffet per gli ospiti suggeriscono di trovarsi un un luogo diverso.
In effetti, il piano seminterrato di casa Pellizzari, a Giuggianello, ha sempre avuto un’anima ibrida.
La musica, qui, è partita quasi trent’anni da, quando la tavernetta era una cantina umida con la terra battuta come pavimento. Ci veniva a provare lo zio materno dei fratelli Pellizzari, Arturo Sanzò, col beneplacito del nonno, il mandolinista Antonio. C’è poco da stupirsi se oggi questa parte dell’abitazione sia diventata la sede dell’associazione “Bazù”, centro studi e produzioni musicali. Del resto, racconta Francesco Pellizzari, il soprannome di famiglia era “fanfara”: le note hanno costruito la storia di queste generazioni, e insieme ad esse quella della casa.
Oggi, il vecchio scantinato mantiene l’aspetto e la funzione di una tavernetta ma è a tutti gli effetti anche una sala prove e sala registrazione – e, una tantum, hall per concerti. Ad aprire la porta di casa i due fratelli Pellizzari, Francesco, batterista e percussionista degli Adria, e Morris, chitarrista di Bandadriatica, insieme alle rispettive fidanzate, Albina Seviroli, chitarrista di Napolinaria, e la cantante Rachele Andrioli.
Un post su Facebook annuncia l’evento, il resto lo fa il passaparola tra amici. Chi arriva la prima volta sottoscrive una tessera associativa, le restanti versa un’offerta a sostegno della serata.
Da novembre, da quando hanno avuto inizio gli house concerts, si sono esibiti qui i Tarabà, Emanuele Coluccia Trio, Rocco Nigro e Redi Hasa, Dario Muci ed Enza Pagliara.
«Noi siamo aperti a ogni genere, purché non si tratti di cover band – commenta Francesco Pellizzari – il nostro obiettivo è valorizzare il patrimonio musicale locale, in particolare tutto ciò che è vocato alla contaminazione».
In cambio della partecipazione degli artisti ospiti Bazù realizza un videoclip del live in collaborazione con Vhs, che viene poi condiviso sulle piattaforme social. E poi, un bicchiere di vino e il buffet “sociale”. «In pratica è come avere i musicisti a cena – commenta Francesco – e poter ascoltare la loro musica nel salotto di casa. È questo il valore aggiunto della serata: il rapporto ravvicinato con l’artista, la complicità che si crea, la possibilità di immergersi totalmente in ciò che accade».
Beppe Elia, C’era una svolta in Salento
«Musica e sketch, casa mia come Quelli della notte»
Palazzotto fortificato del Seicento affacciato su piazza Concordia a Salve, a pochi chilometri dallo Jonio, la casa di Beppe Elia sembra costruita apposta per avvistare i turchi all’orizzonte.
Ma alle 20 di giovedì, puntuale come una storia che si ripete, la banda che arriva assomiglia piuttosto a “Quelli della notte”, il programma televisivo di musica, scherzi e sketch condotto da Renzo Arbore.
Musicisti professionisti con il desiderio di una serata “sbracata”, avvocati e docenti e universitari nostalgici dei bei tempi in cui impracciavano basso e chitarra, aficionados delle apericene che non disdegnano le note, poeti con in tasca un testo da declamare, buontemponi, curiosi, vecchie signore del paese e chi più ne ha più ne metta. Sulla soglia, ad attenderli, un padrone di casa che ha fatto dell’intrattenimento scanzonato il suo marchio di fabbrica, oggi come leader degli “Anima Lunae” così come trent’anni fa ai tempi di “Radio Lecce giovane”, la prima radio libera leccese.
«Più o meno a ridosso delle guerre puniche frequentavo anch’io i locali – sorride – ora preferisco radunare amici che come me non ne hanno più tanta voglia. La serata la creiamo noi: un piccolo contenitore di allegri matti, in grado di soddisfare un po’ tutti».
E così, ad esempio, da casa di Beppe sono passati i musicisti Pino Ingrosso, Max Vigneri e Roberto Maruccia insieme al poeta locale Nicola Turi e alla signora Pippi Serracca, storica cuoca della scuola di Salve che ha allettato i presenti con la ricetta «dellu pisce a mare: cioè – spiega Beppe Elia – un piatto di legumi, senza pesce appunto, che quello sta a mare».
Tutti insieme in un grande “show” guidato dall’anchorman Elia, un vero e proprio format con tanto di nome, “C’era una svolta in Salento”, trasmesso in diretta streaming su Facebook con l’aiuto di Luca e Fernando Melcarne. E non manca neppure l’angolo della posta, la “Supposta”, un botta e risposta con gli amici rimasti a casa.
Dalle 20.30, per un’ora, si va in diretta, ma casa Elia non chiude mai prima delle 2, con l’after party musicale e mangereccio che scuote piazza Concordia.
«Giovedì scorso sono arrivati pure i marziani, alias Leo Delli Noci travestito ad hoc, giunto a stabilire un primo contatto con la popolazione di casa mia – ride – e marziani lo siamo un po’ per davvero tutti noi, in questo tranquillo paesino del Capo di Leuca».
Tobia Lamare, Lobello Records
«Residenza e musica, uno scambio tra artisti»
Affacciata sulla Lecce-Torre Chianca, a pochi chilometri dall’Adriatico, la sua casa-studio è quasi un porto di mare. Non bastassero le prove del musicista e dj Tobia Lamare con i colleghi del giro e le incursioni di artisti che gravitano intorno all’etichetta indipendente da lui fondata, Lobello Records, che ha sede qui. Suona il campanello, e alla porta c’è una “guest star” decisa a concedersi una pausa dal tour in Italia. Un paio di giorni o mesi interi non importa: Tobia li invita a restare, mette il suo giardino a disposizione del flusso creativo dei colleghi, e prima di andar via questi ricambiano con un concerto esclusivo. «In realtà non è un’invenzione recente – sorride – questa forma di scambio è il modo in cui gira la musica da sempre: già nel medioevo i musicisti viaggiatori si spostavano di casa in casa. Oggi capita che l’artista preferisca far tappa in un’abitazione privata piuttosto che nel solito albergo, per poter conoscere da vicino il contesto in cui si trova. È successo anche a me a Nashville, negli Stati Uniti, oppure di recente a Manooth, in Irlanda, con la “54 songs band”: siamo approdati in una dependance di un college di musica, i nostri ospiti si sono autotassati per coprire le spese dell’amplificazione, ognuno ha portato la propria bottiglia di birra e noi abbiamo fatto qualche pezzo del nostro repertorio. È stato uno dei nostri concerti più belli».
E così, anche la casa-studio di Tobia è sempre aperta ai “musici vaganti”, che da qui passano volentieri e ricambiano l’ospitalità con le loro note. Il newyorkese Dan Costello, ad esempio, ha composto il brano “My masseria” proprio a Torre Chianca, in onore dell’ospite, e lo stesso ha fatto l’australiano Pete Ross, che aveva previsto una visita di una sola notte e ha finito per restare un paio di mesi, trovando nella campagna leccese l’ambiente adatto a lavorare al suo nuovo disco. Al termine della residenza ha dedicato a casa Lamare un pezzo, “Lobello cryes”, e un house concert per un pubblico giunto tramite un «passaparola carbonaro».
Tra gli altri artisti internazionali passati da qui i californiani Camper Van Beethoven e una ensamble di musicisti spagnoli con tanto di ballerini tangueri al seguito. «L’house concert non è una versione alternativa del classico concerto in un locale – commenta Tobia Lamare – è qualcosa di diverso, un modo di tornare alla musica spinti dalla semplice voglia di divertirsi e confrontarsi con artisti e appassionati fuori dall’etichetta dello show, che spesso rende difficile questo tipo di scambio».