(Questo articolo è stato pubblicato con un altro titolo su Nuovo Quotidiano di Puglia, aprile 2016)
Krzysztof Zanussi è rappresentante eccellente del “cinema del dissenso”. Il regista polacco è stato premiato con l’Ulivo d’oro alla carriera al Festival del cinema europeo di Lecce
La poetica dell’incertezza che parla dell’Europa
«Le certezze sono sempre pericolose, sono il segno di una mente stagnante: l’uomo vivo mette in discussione sempre tutte le sue certezze». La seconda giornata del Festival del cinema europeo ha reso omaggio a Krzysztof Zanussi, il regista polacco rappresentante eccellente del “cinema del dissenso”, che ha fatto del dubbio la sua cifra stilistica e il centro nevralgico del suo discorso.
Ieri sera al Cinema Massimo il regista ha ricevuto l’Ulivo d’Oro alla carriera, nel corso dell’incontro pubblico dedicato alla sua opera, introdotto dal critico Bruno Torri e da un intervento dell’onorevole Rocco Buttiglione.
L’Ulivo d’oro consegnato a Zanussi è il secondo dei quattro riconoscimenti di questa 17esima edizione del Festival, dopo quello consegnato a Lino Banfi lunedì scorso. Questa sera il tributo andrà all’attore Elio Germano, mentre domani protagonista sarà Christian De Sica.
Nell’evento cinematografico “casa” del dibattito sulla cultura europea, l’opera di Zanussi incarna le questioni aperte e le contraddizioni dell’Europa, con la sua Polonia dal passato sovietico, dall’anima cattolica e dal presente intriso della libertà, ma anche dei disvalori occidentali.
La messa a nudo di ogni “fede” e identità – culturale, religiosa, politica, storica – che ne deriva, la dialettica tra un passato ingombrante, con i suoi principi dichiarati, e un presente sempre insufficiente, ma “reale”, è l’operazione messa in atto da Zanussi dietro la macchina da presa, e non solo. Lo ha ribadito ieri pomeriggio, nell’incontro con la stampa all’Hotel Risorgimento a cui hanno partecipato anche Bruno Torri e il direttore del festival, Alberto La Monica : «Le certezze sono sempre pericolose, sono il segno di una mente stagnante – ha detto – l’uomo vivo mette in discussione sempre tutte le sue certezze. Questo vale per qualunque cosa, la stessa fede religiosa deve essere sempre esaminata. Il dubbio è il mio interesse: quando sentirò di non avere più dubbi vorrà dire che sarò troppo vecchio, e potrò smettere di lavorare. Ma ancora, fortunatamente, non è così».
Chi, in mattinata, si fosse addentrato nella sala 3 del Cinema Massimo, il senso di quelle parole lo avrebbe avuto ben impresso negli occhi, sintetizzato, efficacemente, nella solitudine del diplomatico protagonista di “Persona non grata”. Così come, più che le parole, varrebbero le immagini di “Corpo estraneo”, l’ultimo film dell’autore, presentato ieri sera dopo l’incontro con il pubblico, con i volti dei personaggi segnati dall’alienazione di una realtà aziendale spacciata per libertà.
Avrebbe dovuto fare l’architetto, Zanussi, come suo padre – lo ha raccontato ieri pomeriggio – ma non sarebbe riuscito a venire a patti con le forme imposte dallo stalinismo. E dopo aver rappresentato, con il cinema, il dissenso interno alla Polonia, si è rivolto alle nuove questioni aperte con il crollo del regime. «Quando eravamo sotto l’Europa sovietica abbiamo sognato grandi ideali di un’Europa libera, unita. Oggi siamo un po’ delusi da questa Europa». In questo contesto, le nuove migrazioni sono oggi, ha detto, «il campo di riflessione etico-morale, che chiama in causa i limiti della nostra generosità».
Sono in tutto dieci i film di Zanussi al festival. Oggi alle 18 verrà proiettata la sua opera prima, “Illuminatione”, del 1973, e alle 22 “Da un paese lontano”, il biopic del 1981 dedicato a Karol Wojtyla, mentre domani alle 20 sarà “L’anno del sole quieto” (1984), Leone d’oro a Venezia. Gli altri film in programma sono “Il sole nero”, “Suplement”, “La vita come malattia fatale sessualmente trasmessa”, “Il potere del male”.
Con Zanussi, un altro grande regista polacco, Andrzej Zulawsi, è protagonista di questa edizione del festival. E il regista, ieri, ha ringraziato i curatori per la retrospettiva dedicata al collega, la prima dopo la sua recente scomparsa.