«Fondamentalismo, una questione politica»

(Questo articolo è stato pubblicato con un altro titolo su Nuovo Quotidiano di Puglia, febbraio 2016)

Massimo Introvigne. Il sociologo cattolico che guarda al mix di politica, religione e contesto sociale per spiegare i nuovi terrorismi.

«Fondamentalismo, una questione politica»

«Essere continuamente additati come terroristi è una profezia che si autoavvera. Certo, c’è comunque di mezzo una scelta di tipo ideologico». Politica, religione e contesto sociale si fondono nella visione del fondamentalismo islamico di Massimo Introvigne. Il sociologo è intervenuto ieri pomeriggio all’Hilton Garden Hinn di Lecce, al convegno promosso da Alleanza Cattolica e Progetto Osservatorio, “Terrore in nome di Allah. Dallo stato islamico alle nostre città. Che cos’è, come prevenirlo, come affrontarlo”. Introvigne, reggente vicario di Alleanza Cattolica, è fondatore e direttore del Cesnur, Centro studi sulle nuove religioni. Docente di Sociologia dei movimenti religiosi all’Università Pontificia Salesiana di Torino, ha sviluppato la teoria dell’economia religiosa di Rodney Stark, applicando categorie socio-economiche allo studio dei fondamentalismi. Continua

«Holstebro, un’utopia realizzata»

(Questo articolo è stato pubblicato con un altro titolo su Nuovo Quotidiano di Puglia, gennaio 2016)

Davide Barletti. Teatro e comunità, il sogno possibile dell’Odin Teatret. “Il paese dove gli alberi volano”, il documentario firmato con Jacopo Quadri, racconta i giorni della Festuge per i cinquant’anni dell’Odin.

«Holstebro, un’utopia realizzata»

La prima scena – una strada asfaltata sotto un bianco cielo del Nord e una dozzina di ragazzi africani che la percorrono facendo acrobazie con una naturalezza disarmante – ha già in sé la forza di un manifesto. Siamo a Holstebro, cittadina della Danimarca che è poco più di una virgola sulle mappe geografiche, eppure è in grado di evocare magia e rivoluzione in chiunque, nel mondo, conosca il teatro contemporaneo. Qui Eugenio Barba impiantò, nel ’66, l’Odin Teatret, fondato due anni prima in Norvegia e qui, mezzo secolo dopo, Davide Barletti e Jacopo Quadri sono approdati per carpire l’eredità, più che mai vitale, di quell’avventura. Continua

«La nostra rivoluzione quotidiana»

(Questo articolo è stato pubblicato con un altro titolo su Nuovo Quotidiano di Puglia, gennaio 2016)

Eugenio Barba, “padre” dell’Odin Teatret. A lui è dedicato il documentario di Davide Barletti e Jacopo Quadri, “Il paese dove gli alberi volano”. Nel 2016 torna a Lecce per un progetto in collaborazione con i Cantieri Koreja. E – dice – non ammette Capitali della cultura che non sostengano il teatro

«La nostra rivoluzione quotidiana»

Molto più che un palcoscenico, il teatro è lavoro fisico, pratica “politica”, incontro tra popoli e generazioni, e «può interferire nella vita quotidiana delle persone»: parola di Eugenio Barba, il “padre” dell’Odin Teatret, a cui è dedicato il documentario di Davide Barletti e Jacopo Quadri. Il gruppo tornerà nel Salento proprio quest’anno. Ma, ammonisce Barba, perché possa realizzarsi il potenziale magico del teatro c’è bisogno che anche la politica faccia la sua parte, a differenza di quanto è accaduto nella città candidata a Capitale europea della cultura. Continua

Il controesodo verso il Salento

(Questi articoli sono stati pubblicati con altri titoli su nuovo quotidiano di Puglia, gennaio 2016)

Direzione Salento. Alessandra Crocco, attrice, dopo tre anni a Milano ha trovato a Lecce il proprio trampolino di lancio

«Qui c’è spazio per il teatro contemporaneo. Una città più viva di altre del Meridione»

La prima stazione a Nord, alla volta di un circuito affermato, poi, di virata, il cambio di direzione verso un Sud profondissimo ma ribollente di nuovo fermento. Quando ha scelto di saltare sul treno del teatro professionale, Alessandra Crocco è salita su una carrozza diretta a Lecce. E vi ha trovato un luogo accogliente per stabilire la propria dimora d’artista. Continua

L’Accademia parla cinese

(Questo reportage è stato pubblicato con un altro titolo su nuovo Quotidiano di Puglia, gennaio 2016)

Anche all’accademia di Belle arti di Lecce arrivano gli studenti provenienti dalla Cina. In un anno il numero di matricole è raddoppiato, mentre i salentini diminuiscono. Il direttore Delli Santi: «Per noi risorsa anche economica»

L’Accademia parla cinese

Per il primo è stata quasi un’impresa donchisciottesca, gli altri sono stati incuriositi dal passaparola, infine la sigla formale di due convenzioni ha fatto il resto. E così oggi un piccolo popolo di studenti cinesi affolla corridoi e laboratori dell’Accademia di Belle arti di Lecce. Quasi settanta ragazzi, fiore all’occhiello di un’Istituzione che punta fortemente a internazionalizzarsi, ma che rappresentano, allo stesso tempo, un’ancora di salvezza nel pieno di un’emorragia di iscritti salentini. Continua

Pareti scrostate, fili a vista, pozze d’acqua. Il “lato B” dell’Università del Salento

(Questi articoli sono stati pubblicati con un altro titolo su nuovo Quotidiano di Puglia, gennaio-settembre 2016)

Inverno 2016. Viaggio nelle sedi universitarie di Ingegneria, Matematica e fisica, Archeologia, frequentate da centinaia di studenti.

Pareti scrostate, fili a vista, pozze d’acqua. Il “lato B” dell’Università del Salento

Gli appendiabiti in aula sono vuoti, a lezione è d’obbligo tenere addosso cappotto e sciarpa, dato che i riscaldamenti non funzionano. C’è chi si diverte a fare strani riti propiziatori per evitare che piova, e i corridoi – ma anche i laboratori pieni di fili elettrici – si allaghino. Alcuni fanno di necessità virtù, e hanno preso l’abitudine a una sana passeggiata, per raggiungere i bagni, un po’ più confortevoli, che si trovano nell’ala opposta dell’edificio. Intanto, all’esterno e all’interno il lento logorio del tempo continua a “rosicchiare” l’intonaco e, nel peggiore dei casi, interi pezzi di cemento, che si sbriciolano dando luogo a un inconfondibile aspetto “a gruviera”.

Benvenuti all’Università del Salento, nelle sedi di Ingegneria, Matematica e fisica, Archeologia, dove la frequenza delle lezioni diventa, per centinaia di studenti, una sorta di sfida quotidiana di resistenza ai disagi. Continua

«Il nuovo orizzonte, il Bacino del Mediterraneo»

(Questo articolo è stato pubblicato con un altro titolo su Nuovo Quotidiano di Puglia, gennaio 2016)

Roberto Cingolani. Il direttore dell’IIT ha lavorato all’Università del Salento per quindici anni, dove ha fondato il National nanotechnology laboratory

«Il nuovo orizzonte, il Bacino del Mediterraneo»

Un “matrimonio felice” tra nanotecnologie e ricerca agroalimentare potrebbe salvare l’Università del Salento, sottraendola a un probabile destino da cenerentola. Ma anche una nuova bussola, che punti al bacino del Mediterraneo per vincere la scommessa dell’internazionalizzazione e attrarre un potenziale inedito di studenti. Roberto Cingolani ha lavorato all’Ateneo salentino per quindici anni, prima di seguire l’ambizioso progetto dell’IIT. Un’avventura partita proprio dal Salento, e che qui prosegue, oggi, con il Centro di nanotecnologie biomolecolari. Eppure tanti, secondo il fisico, restano i nodi da sciogliere per contribuire allo sviluppo dell’Università, dalle infrastrutture alla “litigiosità” della comunità accademica. La partita da giocare è di fondamentale importanza in un anno di “vacche magre” per l’Ateneo, tra la riduzione drastica dei fondi ministeriali e una crisi delle iscrizioni che, tuttavia, fa trasparire timidi segnali di ripresa. Continua

Lecce, cronache da coworking

(Questo reportage è stato pubblicato con un altro titolo su Nuovo Quotidiano di Puglia, dicembre 2015)

Tariffe orarie e chiacchiera, progetti di autofinanziamento e babysitting autogestito, strumenti in comune, sinergie

Lecce, cronache da coworking

Da un lato ci sono professionisti e imprese con ampi uffici a disposizione e un budget sempre più limitato da investire in affitto e manutenzione. Dall’altro c’è un popolo in crescita di freelance, liberi professionisti “fuori porta” e altre figure “nomadi”. Poi c’è un terzo elemento, il desiderio di superare le distanze di un lavoro sempre più parcellizzato e alienante, per mettere in comune, oltre al budget, anche le idee e le esperienze. Si chiama coworking, è una delle pratiche trainanti della sharing economy, nell’ultimo anno ha coinvolto circa 1,5 milioni di occupati, il 5% dei giovani tra i 20 e i 34 anni secondo il rapporto Censis 2015 sulla situazione sociale del Paese. E anche nel Salento, il coworking sta diventando un vero e proprio trend del lavoro 2.0. Continua

Bye bye Salento

(Questo reportage è stato pubblicato con un altro titolo su nuovo Quotidiano di puglia, novembre 2015)

Nel 2014 in 1655 hanno lasciato la provincia di Lecce, 226 in più rispetto all’anno precedente. Primato in Puglia per tasso di emigratorietà. «Oggi quarto tempo dell’emigrazione: mancano le politiche per il lavoro»

Bye bye Salento

Laurea, master e abilitazione, bei titoli da appendere al muro o da affidare alla deriva di migliaia di biglietti da visita. Oppure diploma e attrezzi del mestiere, da impiegare nella troppo angusta attività di famiglia o, a nero, al servizio di datori che si sentono ancora un po’ “padroni”. L’emorragia dei salentini che abbandonano la terra d’origine parte da qui. Una scelta amara per molti, che vanno via dopo essersi visti con le spalle al muro; felice per altri, che a fare il percorso inverso non ci pensano proprio. Con alcune, positive eccezioni, che tengono vivo il sogno di una terra non solo bella da fotografare in vacanza, ma anche “buona”, in cui vale la pena di tornare per trovare una realizzazione. Continua

Dove lo scambio non è solo questione di mercato

(Questo articolo è stato pubblicato con un altro titolo su Salento Review, dicembre 2015)

Teli batik, curcuma e curry, l’ora del the e quella della preghiera, la Biblioteca multietnica, una tomba egizia in vetroresina. Il Mercatino delle arti e delle etnie a Lecce. Un luogo in cui l’economia cortocircuita con la cultura, declinata al plurale

Dove lo scambio non è solo questione di mercato

Ad accogliere chi oltrepassa i pilastri d’ingresso, una schiera di statue egizie di una imperturbabile serenità, non si sa se di rigore o di sorriso. Una suggestione che invita a entrare, ma sembra richiamare anche, vagamente, al rispetto della soglia. Un uomo si avvicina con la bonarietà dell’ospite: “Le ho fatte arrivare qua io” annuisce fieramente. Poco più avanti, un gruppetto dibatte sui particolari della festa indiana prossima a venire: “Sta’ zitto tu, staresti bene truccato col kajal” ammonisce la giovane srilankese, punzecchiata dal suo vicino iraniano. Al Mercatino delle arti e delle etnie di viale Aldo Moro a Lecce va sempre così. Continua