(Questo articolo è stato pubblicato con un altro titolo su Nuovo Quotidiano di Puglia, gennaio 2016)
Roberto Cingolani. Il direttore dell’IIT ha lavorato all’Università del Salento per quindici anni, dove ha fondato il National nanotechnology laboratory
«Il nuovo orizzonte, il Bacino del Mediterraneo»
Un “matrimonio felice” tra nanotecnologie e ricerca agroalimentare potrebbe salvare l’Università del Salento, sottraendola a un probabile destino da cenerentola. Ma anche una nuova bussola, che punti al bacino del Mediterraneo per vincere la scommessa dell’internazionalizzazione e attrarre un potenziale inedito di studenti. Roberto Cingolani ha lavorato all’Ateneo salentino per quindici anni, prima di seguire l’ambizioso progetto dell’IIT. Un’avventura partita proprio dal Salento, e che qui prosegue, oggi, con il Centro di nanotecnologie biomolecolari. Eppure tanti, secondo il fisico, restano i nodi da sciogliere per contribuire allo sviluppo dell’Università, dalle infrastrutture alla “litigiosità” della comunità accademica. La partita da giocare è di fondamentale importanza in un anno di “vacche magre” per l’Ateneo, tra la riduzione drastica dei fondi ministeriali e una crisi delle iscrizioni che, tuttavia, fa trasparire timidi segnali di ripresa. Continua