(Questo articolo è stato pubblicato, in forma ridotta e con un altro titolo, su Nuovo Quotidiano di Puglia, febbraio 2016)
Silvia Calderoni. In MDLSX, l’ultimo lavoro dei Motus, è “testimone” di un’identità che non si rassegna ai confini di genere, nazionali o anagrafici
Contro il codice binario
«L’identità è una variabile infinita, un algoritmo impronunciabile». Può, un corpo nudo, parlare di confini geografici? Possono una barba e un urlo di donna divenire il manifesto di un’identità politica contemporanea, europea, “post-nazionalista”? Per MDLSX, la performance firmata Motus che approda domenica alle 18.30 ai Cantieri Koreja di Lecce, lo scavo nei generi sessuali offre il fianco a un’indagine aperta. Portavoce o “totem” – come è stata definita – del progetto, Silvia Calderoni, l’attrice premio Ubu che quest’anno segna i dieci anni di collaborazione con la compagnia romagnola, tra le più fertili, e inquiete, della scena teatrale contemporanea. Inquieta anche la ricerca di Calderoni. In lei, corpo fisico e corpo attoriale si fondono perfettamente lungo i tratti aguzzi che delimitano un incarnato di marmo e muscoli tempre tesi e pronti a scattare. Un corpo che, in sé, dichiara guerra all’immagine mainstream della donna; ma a fare la differenza è soprattutto la sua capacità di “innescarsi”, di mettersi in scena senza risparmio, contorcendosi di dolore o ballando al ritmo accelerato dei beat, nel dj set che chiude lo spettacolo. Continua