(Questo articolo è stato pubblicato con un altro titolo su Salento Review, settembre 2015)
Il Parco dei frutti minori. A Castiglione d’Otranto, Lecce, un gruppo di attivisti ha dato vita a un presidio per la biodiversità che è anche un laboratorio per uno sviluppo alternativo
Una casa per i semi dimenticati
Fuori dal mainstream, marginali, dimenticate. In una parola: minori. Sono le centinaia di specie autoctone di piante da frutto, leguminose e cereali che, dopo una storia plurisecolare, in pochi decenni sono state spazzate via dalle leggi del mercato globale. Molte di queste, oggi, hanno nuovamente una casa e un futuro in un parco dedicato: quindici ettari di terreno divenuti presidio per la salvaguardia della biodiversità locale e laboratorio di una pratica di sviluppo alternativo, “minore”, che coniuga identità locale, tutela ambientale e resistenza al consumo massificato. È il Parco dei frutti minori, inaugurato lo scorso anno a Castiglione d’Otranto grazie alla tenacia dell’associazione Casa delle agriculture Tullia e Gino, e con il sostegno del Comune di Andrano, del Parco Otranto-Santa Maria di Leuca e della Fondazione Musagetes. Dopo la positiva esperienza della Notte verde, appuntamento che, una volta l’anno, riunisce esperti e sostenitori delle pratiche agricole alternative, gli attivisti della Casa delle agriculture hanno pensato di costituire uno spazio stabile in cui poter dar vita a una pratica critica quotidiana.
Così, al pari di altre significative esperienze locali quali il Parco dei Paduli, si è riusciti ad intercettare un primo gruppo di privati disposti a concedere in comodato d’uso gratuito le proprie terre, incolte da anni. Lì hanno trovato dimora specie antiche quali il grano Ruscello, il Cappelli, il Timilia, lo Scorsonera, il farro mono e di cocco, ortaggi come il pomodoro di Morciano, il Fiaschetto e il Regina, la canapa. Essenze principe della tradizione agricola locale, ricche di qualità dimenticate, dal bassissimo tasso di glutine dei grani – ottimi per la prevenzione delle intolleranze alimentari – all’estrema versatilità della canapa, vero e proprio “jolly” per la cucina, i tessuti, la bioedilizia.
Un lavoro tutt’altro che semplice, ma fondamentale: “Oggi tutti i semi che si trovano nei vivai sono tarati all’origine, perché provengono dalle multinazionali – spiega Luigi Coppola, artista e attivista della Casa delle agriculture – la nostra priorità era quella di offrire agli agricoltori la possibilità di piantare semenze quasi introvabili, e con questo obiettivo curiamo le coltivazioni nei terreni del Parco. Alcuni alberi ci sono stati donati dal Parco Otranto-Leuca, abbiamo poi recuperato delle quantità di semi dai contadini della zona, altre dalla Banca del germoplasma in Sicilia, siamo in contatto con Salento a km 0 e con la Banca dei semi salentina: è essenziale fare rete”.
Così è stato per Free home University, collettivo internazionale di artisti con cui la Casa delle agriculture ha collaborato per realizzare alcune azioni che potessero stimolare un nuovo sguardo sul patrimonio proveniente dalla terra. Un patrimonio dimenticato, disconosciuto dalla stessa comunità, riempito di rifiuti, immagine stessa dello straniamento e del disamore. “Li abbiamo raccolti e, una domenica mattina, ne abbiamo fatto un grosso cumulo in piazza – racconta Coppola – uno “scandalo necessario”: devo dire che le cose iniziano a muoversi, in paese c’è un’attenzione diversa”.
Oggi una cinquantina di attivisti si dedica alle colture, in modo completamente volontario; il prossimo step sarà quello di aprirsi a forme di sostenibilità economica, come il Mercato comune dei frutti minori. “Ma non ci interessa creare un’azienda agricola: puntiamo a un’azione di cambiamento radicale”.